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"Il Canto della Rana"


Poeta:
 
Eburneo � il corpo dei cantori,
rilucono le note come farfalle
sotto gli archi gotici
e si posano sui capitelli come fiori:
 
o si rincorrono a onde
lungo le navate
per ricomporsi in circolari spazi
nelle absidi:
 
memorie di antiche tristezze
e nostalgie di albe nuove!
Cos� l�anima emigra
dalla pi� cupa notte del mondo
Al canto di �Filii et filiae�
A Pasqua�
 

Con te voglio parlare
Spero, amico, di spiegarti, come posso, da dove nascono le mie parole, questo infinito dialogo (o monologo) della vita. Mi servir� di una pagina di Karl Rahner, teologo severo e uomo al di l� di ogni sospetto, pure lui alle prese con tutti gli interrogativi del mondo. Cos� egli ha scritto nel suo libro
"Tu sei il silenzio" (e questo silenzio appunto Dio!), "Con te voglio parlare. E di che posso parlare se non di te? C'� cosa che non sia dall'eternit� presso di te, che non abbia patria nel tuo spirito e nel tuo cuore la sua prima sorgente? E perci� tutto quanto io posso dire sempre un parlare di te. E tuttavia in questo parlare, sommesso e timido, tu intendi sempre un parlare di me, sebbene di te solo io vorrei far parola. Perch�, che posso dire di te, se non che sei il mio Dio, Dio della mia origine e del mio tramonto, Dio del mio gaudio e del- la mia afflizione, Dio della mia vita? ( ... )
 
"Dio della mia vita! Ma che ho poi detto chiamandoti Dio mio, Dio della mia vi- ta? Senso della mia vita? Meta del mio cammino? Amarezza delle mie ore amare e il pi� segreto dei miei gaudii? Mia forza, che prostri nell'impotenza quella forza che vie ne da me? Datare di essere di vita e di grazia? Vicino e lontano? Incomprensibile? Dio dei miei fratelli, Dio dei miei padri? C'� nome che io non ti debba dare? ( ... ) Ma per- ch� sto affatto a parlare di te? E tu mi tormenti con la tua infinit� e io non la posso mi- surare! Perch� tu mi spingi nelle tue vie, che menano solo nell'oscurit� della notte, che a te solo luce. Solo il tangibile e il finito � reale per noi e raggiungibile; e puoi tu essere per me una realt�, vicina, se io riconosco l'infinito in te? Perch� hai lasciato il tuo segno di fuoco nella mia anima col battesimo e m'hai acceso la luce della fede? Oscura luce che m'alletta nella tua notte, fuori dalla sicura chiarit� del mio piccolo nido. E mi hai fatto tuo prete, che io viva presso a te la mia vita, per gli uomini, presso a te do- ve mi manca il respiro di queste mie piccole cose! ( ... ).
 
Tu, Dio della mia vita, infinit� della mia finitudine. Ma che m'hai messo nell'ani ma, come m'hai creato, che io, di te e di me, so solo che tu sei l'eterno mistero della mia vita? Terribile mistero dell'uomo, che appartiene a te, mio Dio, che sei l'incom prensibile! Incomprensibile nel tuo essere e pi� ancora nelle tue vie e nei tuoi giudizi. Poich� se quanto fai di me frutto della tua libert�, insondabile abisso di grazia che non ha nessun perch�, se la mia creazione e tutta la mia vita � tua libera elezione e le mie vie sono in fondo le tue vie, imperscrutabili, allora Signore non ti pu� comprendere nessun perch� del mio spirito, allora tu resti l'incomprensibile anche quando io ti veda faccia a faccia. Ma se tu non fossi l'incomprensibile, mi saresti soggetto; ti avrei con cepito e compreso e tu apparterresti a me, non io a te. E sarebbe l'inferno, la sorte dei dannati, che io finito, con il mio definito essere, appartenessi a me stesso; fossi ridotto in eterno a far la ronda nel carcere della mia finitudine.