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"Guida all' ascolto"

 

Guida all’ ascolto

1.

Ouverture

 un rien n°1

Ipercalisse: è una satira contro gli uomini dotti d'Italia, i quali, facendo mercato del sapere e della verità, corruppero le lettere italiane.

2.

Un rien n°16

Il luogo della visione è collocato nei pressi di Firenze, sulle rive dell’Arno. Uno scenario che richiama il valore simbolico della capitale toscana, il luogo privilegiato delle memorie patrie, eletto a simbolo della grandezza perduta ma anche del riscatto possibile già nei Sepolcri, nell’opera, cioè, a cui Foscolo affidava in modo più diretto il proprio messaggio. La città di cui Foscolo ama non solo la storia e le emergenze artistiche ma anche l’ambiente fisico, di cui vede la levità e il nitore che fanno da sfondo alla nobiltà della storia patria. Il dialogo si svolge sulle rive di un fiume, tra un singolare maestro apparso dal nulla e un allievo dapprima attonito e diffidente e in seguito sempre più partecipe e complice del Guerriero, secondo uno schema che ricorda il Fedro di Platone. Là il fiume Ilisso, qui l’Arno. Là l’antica Atene, qui la nuova Atene italica.

 

Intervento musicale

Margherita, la vecchierella, è invece l’incarnazione del popolo, ingenuo e compassionevole, estraneo alle contese delle classi dirigenti, presso il quale chi combatte per una giusta causa può trovare sostegno e conforto, se solo sa accostarsi ad esso con animo puro. L’elemento che incoraggia e rende possibile il rapporto tra le avanguardie e il popolo, per il tramite degli intellettuali.

Military March

Nessuna passività, insomma, è consentita. L’uomo Foscolo si sdoppia  nella figura di Didimo, e, contemporaneamente, in quella del  Guerriero, indicato espressamente nella Clavis come “Ugo Foscolo”.  Il Guerriero appare come una sorta di angelo incorrotto e solitario, un giudice implacabile, “centurione di dragoni”come si definirà nel momento del congedo, determinato a far comunque prevalere, in futuro,  le proprie ragioni, sia attraverso la lezione che il giovane predestinato dovrà diffondere nella società delle lettere sia attraverso un “secondo tempo” che rimane sospeso in un generico futuro. Il giovane chierico – che dichiara all’inizio dell’opera di avere, al momento della visione, poco più di diciannove anni – è oggetto di una pedagogia morale in cui la critica sprezzante alle accademie e agli organismi politici “collaborazionisti”, ai nemici personali e ai detrattori del poeta, si combina con l’evocazione di una nuova figura di intellettuale e con oscure allusioni a rivincite e vendette che sarebbero solo state differite nel tempo.

 

Momenti di spiritualità, con i canti estatici di Hildegard von Bingen

 

3.

 Un rien nr 4

La lettura delle vicende politiche che hanno accompagnato il passaggio tra il Secolo dei Lumi e la stagione della Restaurazione è lucida e sconsolata. Il fuoco è sulla città di Milano, sui suoi gruppi dirigenti. Il luogo in cui maggiore è l’investimento emotivo, esistenziale, di chi immagina  una prospettiva unitaria per l’insieme del Paese. E’ qui che l’influenza francese sembra incontrare in modo promettente  i processi di modernizzazione in atto nella società e nell’economia. Qui, tra gli altri,  Vincenzo Cuoco pubblicherà il Saggio sulla Rivoluzione di Napoli del 1799 nel quale esorta il potere imperiale a favorire la nascita di una nazione indipendente e amica della Francia e qui matura la proposta di Melchiorre Gioia. L’utopia di una Milano, metropoli moderna, baricentro di un processo unitario orientato da ideali repubblicani, sfuma – nel giudizio di Foscolo – per l’irresolutezza, il servilismo, l’opportunismo dei suoi ceti dirigenti, oltre che per  lo stato di inconsapevolezza del volgo.

Di questa occasione mancata, del fallimento di questo progetto, Hyperclypseos ricostruisce la parabola in modo suggestivo. All’inizio, nella fase della Repubblica Cisalpina, il principio politico fu la Libertà, la “maschia Donna” elevata dal Signore degli eserciti a “principe del popolo”. La degenerazione morale – sostiene l’Autore con qualche semplificazione della torsione operata dalla formazione dell’Impero – determinò però la sua corruzione. Su di essa piombò allora Napoleone – indicato dapprima come l’Avvoltoio e poi con il nome di Nabucodonosor – che governò attraverso il viceré Eugenio di Beauharnais, il Pulcino. Dapprima rispettoso e in seguito sempre più esigente nell’imporre un rovinoso culto della personalità nei suoi confronti e la soggezione nei confronti dei Francesi, con la complicità dell’Accademia (la Sinagoga dei Dottori) e del Senato milanese (il Senato dei parassiti).

 

Un rien N° 4 part 1

La galleria dei personaggi compromessi con il regime stigmatizzati con l’invettiva e il sarcasmo è sterminata e comprende, per lo più uomini di Chiesa, gazzettieri,  letterati, editori, individui legati al sottobosco delle classi colte parassitarie. Protagonisti della Milano di inizio Ottocento che non hanno però lasciato tracce di rilievo nella cultura nazionale, con la sola eccezione, forse, del poeta Vincenzo Monti, al quale Foscolo riserva gli strali più acuminati della polemica e del dileggio. La nota che gli dedica nella Clavis si conclude con un sovrappiù di veleno:  La moglie è famosa per intemperanza, e il signore va adorno di corna di lumaca. Il Monti fu educato nella corte romana”.

 Ad uno ad uno, i dotti lombardi avanzano in un tetro corteo che richiama le loro ombre da un passato ormai lontano. L’occasione è la messa in scena dei funerali del monaco Urbano Lampredi, indicato con il nome di  Ieromomo, assunto a simbolo della propensione del clero del tempo a creare divisioni e a ricercare compromessi con il potere. Della identità dei partecipanti, l’Autore dà conto nella Clavis finale. Con una sola eccezione, dovuta probabilmente alla crudezza della descrizione: “la vecchia poetessa”.

 

Un rien N° 4 part 3

Il tema dei Sepolcri viene qui rovesciato. La malvagità del chierico corrotto si spinge fino ad immaginare la distruzione delle tombe dei buoni, così da cancellare la loro memoria e il loro esempio presso i posteri. Ma la reazione dei cittadini (si badi l’uso del termine cittadino) scompiglia i disegni dei malvagi e mette in scena una ribellione morale contro “i poeti, i buffoni, i librai e tutta la razza di scrittori di effemeridi”.

 

4.

Un rien N° 11 part 1

La scena si presenta ora con i toni e i registri della poesia protoromantica e con le immagini di una Apocalisse rovesciata: quelle della manifestazione del male irredento.

 

Un rien N° 11 part 2

E’ giunto il momento del giudizio. La natura, gli animali sono coinvolti come ora come protagonisti del redde rationem che prepara tempi nuovi. Prima, però, è necessario che si compia il castigo. Annunciato, come nel racconto evangelico della morte di Cristo, da un terremoto che sconvolge ogni cosa, e concluso con un terribile spettacolo di antropofagia, in cui i letterati immondi si cibano delle carni del loro sodale. Un

 

Un rien N° 11 part 3

Dies illa, dies irae… dum veneris judicare saeculum per ignem. La spada del giusto prepara tempi migliori. Anche se non sarà essa a compiere la vendetta, sarà la storia a ristabilire la giustizia.

 Terremoto part 1

Terremoto part 2

Terremoto part3)

 Terremoto part 4

 

Momenti di spiritualità, con i canti estatici di Hildegard von Bingen

 

5.

Un rien nr 8

Dopo la conclusione del tumulto del funerale del monaco, il registro dell’opera muta in modo radicale. La transizione verso l’ultima parte di Hypercalypseos  è costituita da uno straordinario excursus nel quale l’Autore disegna una originale mappa  geopolitica del tempo, attraverso la descrizione delle più importanti metropoli europee. Sono le voci che si spandono nell’aria, provenienti da ciascuno dei quattro punti  cardinali, con un timbro solenne, a fissare i giudizi. Le quattro città, Parigi, Roma, Milano, Londra, sono accomunate dal titolo di Babilonia, certo ad esprimere una valutazione negativa sul disordine avvertito da Foscolo nella realtà del tempo. Parigi, la Babilonia massima, è esecrata perché , scrive, “cercasti la verità e la trovasti e pervertisti, furiosa, nell'empietà delle libidini del tuo popolo”. Fu cioè incapace di dare corso alle intuizioni di una cultura della libertà tradita e traviata dalla demagogia. Roma, la Babilonia perpetua – parafrasi dell’espressione Città eterna – è condannata perché, scrive, “hai lume divino, e lo intenebri con le ombre della terra”. Milano, la Babilonia minima – quasi una dependance di Parigi – in quanto “né discerni i giusti dai tristi, o i cittadini dagli stranieri”. Infine, Londra, la Babilonia ricca – il centro del nascente capitalismo finanziario, secondo un’acuta intuizione – ora si compiace della disfatta delle altre metropoli ma presto sarà anch’ essa “inebriata e denudata”.

 

Momenti di spiritualità, con i canti estatici di Hildegard von Bingen

 

6.

Un rien nr.9

Ancora un cambio di registro. Ora il guerriero siede a contemplare la sua miseria e la miseria del mondo, mentre il giovane chierico comprende che è il momento del silenzio, del rispetto per il dolore del maestro. Di esso, a causa dell’oscurità, ascolta ora le ultime parole senza poterlo vedere. Esortazioni alla sobrietà, alla modestia, al disinteresse. Ma il mandato comprende anche lo svolgimento di una missione pubblica. Didimo dovrà rivolgersi ai diversi settori della società per stigmatizzare le loro colpe.

Dopo un’acuta lezione sulla geopolitica dell’epoca, il libretto si conclude con una disamina altrettanto penetrante delle componenti della società milanese del tempo. Didimo dovrà rivolgersi all’Accademia (la “Sinagoga dei dottori”) e al Senato (“dei Parassiti, lo definisce) rimproverando loro di avere taciuto per convenienza, di essere venuti meno alle loro responsabilità, di avere rinchiuso il loro ruolo nell’esercizio di una funzione corporativa, autoreferenziale, isolandosi dalle dinamiche della società. Dovrà avvertire “i ricchi sfondati” che i loro privilegi economici non li metteranno al riparo dalle comuni sciagure, che la presunzione di essere altro dal popolo, di poter cercare la propria salvezza a prescindere dal comune destino, è un errore fatale.  Alla borghesia che si limita alla critica sterile Didimo rimprovererà l’inconcludenza: “Non sapete ferire i nemici con la spada, ma neppure non calunniare il vincitore: di contraddizione perirete”. Ai moderati che si aspettano la giustizia e la libertà come concessioni dei potenti, esprimerà il disprezzo più grande. Splendido davvero, e icastico, l’avvertimento riservato ai settari, a i cospiratori che, all’indomani della caduta di Napoleone, andavano diffondendosi nel Paese: “Nulla di grande nelle tenebre”. Alle gerarchie ecclesiastiche, Didimo rivolgerà un appello a liberare l’arca della salvezza dai profittatori che la spingono verso il naufragio, ma anche da chi è assetato di “roghi e di sangue”. Agli “ottimi cittadini” che hanno creduto nella possibilità del cambiamento, dovrà invece ricordare che la schiavitù è una condizione permanente, contro la quale è necessario sempre combattere, e consiglierà loro, nei difficili tempi che si annunciano, la prudenza.

Del resto, il soldato stesso, prima di allontanarsi dalla scena,  si definisce come un uomo militante: “Non sono apostolo né profeta né angelo, ma centurione di Dragoni, e, se sarò giudicato, so di essere trovato giusto: ma l'ora del mio ritorno m'incalza”. La speranza è, al tempo stesso, la promessa di ritornare quando i tempi saranno maturi. Per ora, la consolazione del giusto, l’interlocutore a cui affidarsi, è il popolo, la parte di esso ingenua e virtuosa da cui sola possono venire pace e silenzio. Quelle che Didimo trova alla fine nella capanna della vecchierella.

 

Chant de Noel à l’ Italienne

 

E dette queste parole, montò a cavallo, e gli occhi più non lo videro.

 Ritornai nella capanna alla vecchierella Margherita, e la vidi dormire sopra il fastello di fieno.

 E pace e silenzio regnando nella capanna, me ne andai col canestro vuoto nelle mie mani.

FINE